assunzione di responsabilitā o anarchia
diversamente dal luogo comune che fa corrispondere all´anarchia caos e libero egoismo, anarchia è oggi declinata soprattutto in modo etico.
Ne segue che l´assunzione di responsabilità diviene l´unica via per creare una relazione con lo stato (che a suo tempo voleva abbattere) diversa da quella realizzata dall´individuo/delega della responsabilità.
 
10.anarchia e spiritualitā 210316

sono in crescita le tracce che indicano la presa di coscienza che la dimensione cosiddetta spirituale, ma anche di collegamento al Sé, di riconoscimento di essere parte di Un solo organismo, di una vita in armonia, del benessere autentico, non effimero come quello materiale e dell´abbondanza.
Gli anarchici avevano anticipato tutti riconoscendo che in ogni organizzazione il suo potenziale di riduzione di libertà dell´uomo. Una libertà è da intendere nella sua dimension spirituale, riduzione di capacità espressiva e creativa, riduzione di soddisfazione legate alla propria natura in antitesi all´incremento di alienazione da se stessi, meta finale ed esiziale implicita in ogni organizzazione.
Gli anarchici sono forse stati i primi dello zoccolo duro del materialismo a ravvedersi sull´aspetto che avevano tralasciato. Non a caso, che se senza squilli di tromba, l´ambiente inteso come vita e benesssere, l´economia intesa come vita e benessere sono i loro argomenti di questa epoca.
 
In un recente articolo di Maurizio Pallante dove viene segnalato Dall´economia all´euteleia. Scintille di decrescita e di anarchia, di Alessandro Pertosa - Edizioni per la Decrescita felice, Roma 2014, si legge:

"La spiritualità non coincide con la fede, ma ne è il presupposto. La fede è la manifestazione della spiritualità di chi crede in qualcosa che non è dimostrabile razionalmente. «Fede è sustanza di cose sperate / e argomento delle non parventi», ha scritto Dante nel canto XXII del Paradiso, ai versi 64-65. La spiritualità si manifesta anche senza la fede, ma senza spiritualità non c’è fede e la religione diventa un guscio vuoto, privo di vita. Oppure uno strumento di potere utilizzato per dominare e condizionare i comportamenti delle persone più deboli. Chi mantiene viva la sua spiritualità non può condividere i valori di un sistema economico e produttivo fondato su un antropocentrismo devastante nei confronti degli ambienti, violento nei confronti di tutti gli altri viventi, ingiusto nei confronti dei popoli poveri e delle generazioni future. La spiritualità è la forza più grande che si possa contrapporre alle iniquità generate da questo sistema. Il recupero della spiritualità in una società che tende ad annullarla per concentrare ogni interesse sugli aspetti materiali della vita, è una metanoia, un cambiamento del modo di pensare e del sistema dei valori, una liberazione interiore dai condizionamenti che inducono a credere che il fine dell’economia sia la crescita della produzione di merci e il senso della vita si identifichi col potere d’acquisto e col possesso di cose. Riducendo l’importanza del denaro e valorizzando le relazioni umane fondate sul dono incondizionato che caratterizza i rapporti d’amore e sul dono che implica la reciprocità, la spiritualità smonta i pilastri su cui il modo di produzione industriale ha omologato i pensieri e le aspirazioni degli esseri umani per rendere i loro comportamenti funzionali al raggiungimento dei suoi fini. È una scelta esistenziale che nella vita quotidiana assume la connotazione della disobbedienza civile, perché induce a non lasciarsi irretire dalle sirene del consumismo, ma a dedicare più tempo agli affetti che al lavoro, a leggere un libro, ad ascoltare un brano musicale, a visitare un museo invece di lasciarsi ipnotizzare dagli spettacoli d’intrattenimento. Perché induce a comprare poco senza pensare che si stia rinunciando a qualcosa. Comprare poco è una rinuncia solo per chi crede che il senso della vita sia comprare sempre di più. In realtà è una scelta liberatoria, che affranca dallo stato di insoddisfazione permanente cui si condanna chi ripone le sue aspettative di realizzazione umana nell’acquisto di cose, perché inevitabilmente le economie finalizzate alla crescita immettono in continuazione sui mercati cose nuove per non dare mai tregua al desiderio di acquistarle, consentendo di appagarlo solo nel breve intervallo di tempo necessario a mantenerlo vivo. E quel breve intervallo di tempo in cui il desiderio di acquistare viene appagato provvisoriamente dall’acquisto, non è nemmeno sereno perché, se si crede che il benessere consista nel possesso di cose, non si può evitare che venga corroso dal confronto con chi ne possiede di più. Solo un cambiamento del sistema dei valori consente di capire a quale mortificazione della propria umanità si condanni chi, lasciandosi irretire dalle sirene del consumismo smarrisce la propria spiritualità, a quale vuoto esistenziale sia destinato chi non percependo che il suo essere è costituito dal tessuto delle relazioni che lo connettono agli altri esseri viventi, non conosce più la solidarietà: non è capace a darne e non ne riceve."


 


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