fine democrazia
così almeno come ce l´hanno presentata o, quantomeno, come l´abbiamo concepita e finora vissuta, la democrazia non esiste più. Quanto abbiamo creduto contenesse non è stato riscontrato. E’ vero, schiavi e despota non ci sono più - per modo di dire - sempre che tv, informatizzazione, burocrazia e capitalismo non li abbiano egregiamente sostituiti. Corruzione materiale e morale hanno cariato le fondamenta del grande sogno egualitario. (Gli anarchici lo sapevano da mo’). L´incastellatura d’apparenza che ancora regge è abitata dalla politica commerciale che ha come ideali - bene che vada - un progresso legato al Pil e una curva verso l´alto che vorrebbe dimostrare un benessere strettamente vincolato all’accumulo.  Ma c’è un procedere che si avvale del sentire in sede del più rinomato sapere. L’epoca razionalistica, eleggendo a supremo e a dogma la sua verità tecnologica e scientista, sta mostrando il suo inumano limite. Come dice Bauman, nella sua società liquida le appartenenze corrispondono ad interessi sempre più di alta frequenza cioè, edonistici, materialistici, commerciali e di potere. Cioè a dire che i valori “prepolitici” di Massimo Fini non fanno più definitivamente testo, non sono più costituenti della nostra cultura. La democrazia è finita perché inumana da un lato, in quanto prodotto di una concezione razionalistica dell’uomo e anche perché la sua nuce sentimentale, cioè il suo bisogno di lealtà non è più nei nostri opulenti corpi. Ma gli uomini non sono ratione sono sentimenti, carne ed estetica. Da lì creano il razionale, non viceversa.  In questo spazio qualche spunto per dare voce ai nostalgici di umanesimo. 
 
14.la loro anomalia 260213

bello sentire la voce inadeguata o inetta a raccontare quanto è successo ieri in Italia. Sarebbe anche accettabile se non fossimo al cospetto di un´epocalità. Un po´ come l´ortolano (senza offesa, ovviamente) che sbaglia il congiuntivo per riferire alla polizia da che parte è scappato il ladro. Giornalisticamente, oltre che sostanzialmente, parrebbe più opportuno tralasciare, per il momento, il tempo del verbo e dedicarsi al ladro. Pare, a sentire l´intervento di note penne, voci e volti, la prospettiva anticongiuntiva non sia troppo condivisa.

Le elezioni che segnano un alto potenziale di svolta culturale - prima che, eventualmente, politica - sono trattate da stimati giornalisti con parole, argomenti, osservazioni e prospettive inadeguate, inopportune o con chiari intenti di non riconoscere ciò che è stato piuttosto che coprire ciò che è accaduto. Non riconoscere l´evento Grillo come prima attenzione cui dedicare rispetto e sottolineature è il segno che invece ci interessa marcare col rosso per urlare più che l´insufficienza del giornalismo italiano, quella di una cultura trombona. Coprire l´evento spettacolare del M5S con attenzioni e dedizioni rivolti alla sopravvivenza del ceronato o alla caduta del partito senza leader e in buona misura senza idee identitarie, è cosa misera rispetto al segno blu che gira intorno al M5S.

Concita de  Gregorio. Ci racconta che gli strumenti politici, fino a ieri capaci di strutturare un ordine per intendere le dinamiche della politica vissuta dagli italiani, ora non sono più buoni. "L´ho visto sotto casa, al mio seggio. I grillini non si fanno intervistare, non fanno praticamente parte dei sondaggi. Ecco perché le agenzie demoscopiche hanno sbagliato tutto." 

Ma il dato è proprio questo. La cosa da riconoscere è proprio questa. E´ che c´è un sentimento politico che non riguarda e non guarda con gli stessi occhi di ieri. Questo sentimento non è da segnalare per costruire un perché a favore delle strutture storiche della politica. E´ da segnalare per raccontare la fioritura di un campo sempre tralasciato da coloro che si occupavano del giardino del re, o, al massimo, del proprio.

Concita

 

Francesco Merlo. Non è in grado di raccontare il contenuto e il cuore che pulsa sotto la spaventosa percentuale ottenuta da M5S. Parla di timori. Parla di similitudini con momenti totalitaristici già passati dall´Italia. Parla di anomalia e si preoccupa del fatto che l´Italia non abbia saputo spiegare al mondo l´anomalia Berlusconi, tangentopoli, di Pietro, e altre, che già siano al cospetto di una nuova stranezza da dover spiegare al mondo. Peccato che un istante prima si fosse dedicato a far presente che movimenti e sentimenti in qualche modo esausti della politica tradizionale, quella del giardino del re o del proprio, sia un po´ sparsa in tutta Europa. Non ha capito che lo tsunami non è Grillo, ma è quello che Grillo ha messo in moto in Europa. L´effetto Domino per ora non interessa il giornalista.

Francesco

 

Vittorio Zucconi. Si concentra su una sola domanda. "Come si potrà pagare il debito pubblico con l´ingovernabilità e/o con il M5S al governo?" Non sa? Ha dimenticato? Non considera che il M5S intende attuare una politica per eliminare il debito pubblico? Non sa che la sudditanza bancaria della nostra sovranità monetaria e bancaria prevede di risolvere alla radice la questione? Ma certo che lo sa, sennò perché sventolare lo spauracchio della Grecia fallita. Lo dovrebbe dire che lo spauracchio spaventa i pochi che hanno qualcosa ma interessa molto a quelli che non hanno nulla. Forse chi sventola certe bandiere non solo non ha la possibilità di cogliere la spinta che porta avanti la disperazione di chi è sempre stato costretto a stare zitto e muto all´angolo. Si chiamavano reazionari. Vedremo da oggi l´aggiornamento del linguaggio che conio sarà capace di esprimere per raccontare quelli che pur senza ventose provano come gechi a restare attaccati ai vecchi piani di lettura del futuro.

Vittorio

 

Claudio Tito. Riconosce la centinatura della seconda repubblica ma subito si dedica a precisare la preoccupazione per la terza. Nuovamente, sul valore sociale e umano della catastrofe political-correct provocata da M5S neppure una nota, un accenno, una dimostrazione - per quanto leggera - di consapevolezza utile ad interpretare ciò che gli sta succedendo sotto il naso. Ma dov´erano lui e i suoi soci giornalisti in questi anni. Forse ridevano di Pallante, di Fini, di Chiesa e così via. Ridevano o li ritenevano irrisori. Che altro pensare sennò? Ma prosegue Tito nel suo intervento a raccontare che Berlisconi era dato per morto ma non è vero. Che il vero sconfitto è Bersani e poi Monti. che le elezioni anticipate sono lo spettro di cui occuparsi ora. Interessanti osservazioni, sia senza che con ironia. Peccato che quelle davvero interessanti, quelle davvero capaci di prendere il segno, almeno stavolta, gli siano sfuggite.

Claudio

 

Filippo Ceccarelli. Non si sbilancia troppo. E in fondo la sua nota apolitica dimostra in un certo modo la vera apocalitticiità del momento. "Stiamo calmi e possibilmente sereni". Quindi passa a far notare che sono state "buffe elezioni". Che è stato uno spettacolo pieno di imprevisti. A suo modo quantomeno non si è adagiato alle ovvietà di molti suoi colleghi. Non ha cercato di scalare luciti specchi. 

Filippo

 

Massimo Giannini. "I sondaggi sono morti." "Prendiamo atto della pagina nera." "E´ stata una giornata assurda." Anche lui sta alla larga dal cuore della questione. E invece no! Poi ci si avvicina e forse vorrebbe anche parlarne, ma ci rinuncia. Troppo rischioso. Intanto ha visto la "rabbia" degli italiani, ha visto quanto non ne possano più di questa politica e quanto ne vogliano un´altra. Un popolo che fino a ieri non è stato ascoltato,ora sente di avere qualcuno a cui confidare, a cui affidare il voto. La sinistra poteva fare quelle riforme per tenersi quell´elettorato passato a Grillo, dice Giannini. Ma quali riforme poteva fare la sinistra, nessuna. Questa sinistra è parte del sistema e il sistema non si cura con idee che non vogliono cambiarlo. Le riforme può farle qualcun´altra. Questi qui, il tempo per farle l´hanno avuto e hanno dimostrato che era materia che non li riguardava. 

Massimo

 

Curzio Maltese. Perfino "impazzimento" è riuscito a dire. Sarebbe stato più appropriato innamoramento. Ma non per Grillo. Per sé stessi. Per la luce che sta dando respiro a coloro che non sapevano più come interrompere la mortale apnea. Ma non gli basta: sottolinea gli errori del centro sinistra. Ma in agonia non c´è più spazio per correzioni. Quindi inizia - o continua - la capanna denigratoria ricordando le "improbabili" soluzioni che possono emergere ora visto che "il punto forte del programma di Grillo è l´uscita dall´euro." Per lui è un suicidio. Però non lo è per molti altri e questo non ha ritenuto di dirlo il giornalista.

Curzio

 

Una fiera dell´estraneità che non rende merito alle loro intelligenze. Ma che purtroppo, temo, aumenterà la velocità e la potenza dell´onda - per loro - anomala.

 

 


 

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